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LA CASA IN PINETA


di Grande_Bruno
24.08.2024    |    7.879    |    6 9.6
"Quando ci stendiamo sul letto, le sue labbra si posano sulla mia violacea cappella, con la lingua assaggia le prime gocce di «precum», poi allarga la bocca..."


È iniziata la settimana e, come tutti i lunedì, devo uscire a camminare veloce-mente in pineta, per cercare di buttare giù qualche chilo e tenermi in forma. Apro la finestra del bagno e mi affaccio sulla pineta di Ostia. Oggi il cielo è un po’ scuro, nuvole basse con la loro promessa di pioggia anche in questo lunedì. Che noia…
Sotto la doccia, conto sino a tre prima di aprire l’acqua fredda perché è l’unico modo per staccarmi dal tepore del letto, per riuscire a mantenere la promessa che ho fatto a me stesso. Ormai sono fermo da più di due settimane a causa dei festeggia-menti per il 25º anniversario di matrimonio di un amico, poi una cena con i colleghi di lavoro ed infine per il battesimo di una mia nipotina. Questi sono i motivi che mi ha tenuto lontano dalle mie solite camminate settimanali tra i sentieri della bellissima pineta.
Oggi devo uscire a tutti i costi e, appena alzato, attraverso nudo e silenzioso la casa fino in cucina, concentrando l’attenzione sui miei piedi, ascoltando il fresco delle mattonelle che scorre sotto la mia pelle. Quando vado in bagno pongo particolare cura alle mie parti intime: ascelle, inguine e tutto ciò che viene nascosto dai vestiti. So-no quasi le otto e, dopo aver consumato frettolosamente alcune fette biscottate, pensavo alla vicina di casa. Chissà se è sveglia e se qualcuno le è accanto. Chissà cosa vede tutte le mattine dalla finestra della sua cucina; non ce lo siamo mai raccontati.
Indosso un pantaloncino che lascia scoperto i polpacci, mi allaccio la fascia del cardio, infilo la maglia a mezze maniche, le calze e poi le scarpe da ginnastica. Mi porto anche un asciugamano nel piccolo zainetto insieme alla borraccia dell’acqua. I primi chilometri, sono sempre i più duri ma non per la fatica. Devi vincere la pigrizia del corpo e della mente, oggi poi non c’è in giro nessuno, neanche un cane perché, essendo un giorno feriale, tutti al lavoro o a casa ancora a letto. Non penso a niente, come se stessi ancora dormendo. I muscoli iniziano piano a scaldarsi, il cuore inizia ad accelerare ed ora è sui 115 battiti, ancora troppo pochi per iniziare l’allenamento.
Finalmente arrivo all’inizio del sentiero. Da qui si inizia a giocare duro... Abbandono l’asfalto ed entro nella pineta. Niente musica con le cuffie nelle orecchie perché voglio riappropriarmi dei suoni degli alberi e degli uccelli, dello scorrere delle mie Nike sulle pietre e sulle foglie secche. Ascoltare il leggero crepitare delle giunture dei miei muscoli sotto sforzo, delle ginocchia, del mio cuore che pompa sempre più velo-ce, arrivando a 135-140-1145-150... battiti.
Respiro forte, riempiendo i polmoni dell’aria ancora fredda che sa di resina di pino, cercando di stabilizzare le pulsazioni. Sono a tre chilometri di strada quando la vicina riappare nei miei sogni ad occhi aperti. Questa volta il suo viso è accompagnato dal ricordo del suo corpo caldo accanto al mio, dal suo bisogno di essere presa e scopata in tutti i modi, dalla tenera cedevolezza che ha mostrato ad ogni mio desiderio, tutte le volte che ci siamo visti.
Difficile affrontare questa parte del percorso, accompagnato dall’erezione che mi comprime l’inguine ed i pensieri che si affollano nella mente. Allontano il pensiero di lei e riprendo a camminare. Ormai sono quasi a metà percorso ed in questo tratto di pineta, il paesaggio è più aperto, molto panoramico.
Facendo sempre lo stesso percorso, ogni volta passo davanti ad una villetta nel bel mezzo della pineta. Da come è fatta, dovrebbe essere la dimora del guardaboschi, costruita negli anni trenta e mai abbandonata dagli eredi del primo assegnatario. Passando nei pressi, vedo ogni tanto una bella donna che è indaffarata a curare le piante oppure a sistemare il giardino.
Mentre accelero leggermente il passo, in questo preciso momento, la signora alza la mano per salutarmi. Sembra che vedendoci spesso, abbiamo instaurato una sorta di amicizia, fino ad allora solo a distanza. Stavolta la mia curiosità prende il sopravvento e, rallentando il passo, mi avvicino al recinto e ricambio il saluto:
- “Buongiorno, come va?”,
- “buongiorno”, risponde lei, “anche stamattina a camminare?”,
- “purtroppo è necessario per poter contrastare l’avanzare dell’età”,
- “vuole un bicchiere d’acqua?”, pur avendo la borraccia nel mio zainetto, acconsento, per avere la possibilità di conoscerla meglio,
- “grazie, gentilissima… io mi chiamo Bruno”,
- “piacere, sono Marisa… si accomodi in cucina che le prendo un bicchiere d’acqua”.

Mi ha fatto accomodare in cucina e, mentre sorseggio lentamente la fresca acqua dal bicchiere, si appoggia al tavolo con i gomiti e dalla mia posizione, guardavo quei bellissimi seni in bella mostra sotto l’ampia camicetta non del tutto abbottonata. Ormai era chiaro il suo invito a fare sesso.
- “Mio marito è il titolare di una ditta di costruzioni e rimane fuori casa per lunghi periodi”,
- “e ti lascia sempre sola?”,
- “quando rientra dalle sue assenze, è molto sbrigativo nel fare l’amore, la-sciandomi più delle volte insoddisfatta”,
- “non ci posso credere che si possa trascurare una bellissima donna come te”.
Mi alzo e la vedo sotto un’altra luce: una bella donna mora, con due meraviglie di gambe che si stagliano diritte e con un profumo buonissimo, dolce e leggermente speziato. Risalgo rapido con lo sguardo la caviglia esile, la gamba forte ma sottile, con un gonnellino che lascia poco spazio alla fantasia.
Mi trattengo a fatica dalla voglia di toglierle la gonna e sollevarle la maglietta. Le prendo la mano per avvicinarla alle labbra sfiorandola. Il suo viso è un ovale perfetto, occhi scuri e capelli lunghi e neri come l’inferno. Non riesco a non sorridere di me stesso, «sei ridicolo», penso: un baciamano in piena regola qui... in pineta, persa nel nulla, tra sole e nuvole.

Da vecchio sbirro, anche se in pensione, è difficile non annusare l’aria e mettere all’erta i miei sensi di lupo e predatore. Mi avvicino cautamente a lei che mi prende per mano e mi apre la porta del paradiso. La luce della camera da letto è fioca e Mari-sa è in piedi vicino al talamo nuziale. Mi guardo intorno per assicurarmi che non ci sia nessuno altro per avere sempre il controllo della situazione... è una delle prime regole che impari quando hai una divisa... Mi basta respirare per pochi secondi la penombra della stanza, sentire il profumo di quella pelle chiara, per completare la mia trasformazione in lupo ed anche la mia voce ora è diversa, rauca e più bassa:
– “sei proprio una gran bella donna... e mi sembra impossibile avere la possibilità di assaggiarti!”.
– “Puoi fare tutto quello che vuoi… così impara quel cornuto di mio marito a lasciarmi sempre da sola.”.

Ci spogliamo a vicenda ed ogni capo che tolgo, bacio ogni lembo della sua pelle nuda, lei mi accarezza i pettorali ed il suo seno mi appare duro come il marmo, grandi areole scure e capezzoli sporgenti. Le mie mani le accarezzano, le palpo delicatamente, poi avvicino le mie labbra per succhiare un capezzolo, Marisa rivolta gli occhi dal piacere ed ansima di goduria. La sua mano scende a impossessarsi della mia verga che reagisce immediatamente. Mi inginocchio e le calo le mutandine di cotone, ai miei occhi appare quella visione che tanto desidero, ricoperta di una leggera peluria nerissima. Con le dita le scosto le grandi labbra e le mie labbra se ne impossessano, la lingua scorre in quel nido di piacere ed in un attimo si formano profumate gocce di umori. Il suo clitoride si irrigidisce e io me ne impossesso, Marisa lancia un urlo di piacere e la sua fighetta si trasforma in un laghetto. Ha raggiunto il primo orgasmo ed è solo l'inizio di una mattinata.
Quando ci stendiamo sul letto, le sue labbra si posano sulla mia violacea cappella, con la lingua assaggia le prime gocce di «precum», poi allarga la bocca e ne fa entrare quel che può, mentre lentamente cola saliva lungo l'asta e riesce a farlo scorrere avanti e indietro mentre sento scosse di piacere che mi arrivano al cervello. Cerco di trattenere il desiderio di esplodere dentro la sua bocca perché voglio veramente che raggiunga l’estasi. Ci giriamo e ci impossessiamo dei nostri sessi, la sua topina piange lacrime di piacere, ha continui brividi con una serie di piccoli orgasmi che vanno in crescendo. La mia asta pulsa sempre di più e mi sforzo per non venire e raggiungere l’apice insieme a lei. In un momento il suo corpo inizia a fremere e esplode in uno squirt mentre contemporaneamente le riempio la bocca del mio piace-re. Bevo il suo brodino e lei a fatica ingoia i miei schizzi ma non ne perde una goccia. Il mio viso è cosparso del suo piacere e, con le sue labbra, imperlate di sperma, ci scambiamo un bacio che dura un'eternità ripulendo i nostri volti. Marisa crolla sul let-to, disfatta dal piacere.
Quando ci siamo ripresi, entriamo in doccia abbracciati e godendo dei nostri corpi, ci passiamo la spugna a vicenda, giocando con la schiuma. Dopo esserci rilassati, torniamo in cucina dove lei mi offre un succo di frutta e, ancora nuda, si mette a preparare la macchinetta del caffè. Mi inginocchio dietro di lei, in un attimo di adora-zione, le accarezzo leggero le gambe, dalle caviglie per passare poi all’interno tra le cosce bianche, lisce, tenere e indifese. Infilo il naso tra le sue natiche tese verso di me come e si sente il profumo di femmina, forte e inequivocabile, come la sua voglia di essere montata. L’annuso mentre infilo la lingua partendo dall’alto e penetrando il culo con la punta. Poi scendo in basso, le apro gambe e sedere con forza per poterla mangiare tutta. Le mie dita si infilavano dentro di lei per riempirla tutta con delicatezza mentre le sue gambe le tremano ed il corpo sussulta.
Lavoro le labbra del piccolo fiore con la lingua a spatola e con la saliva lo inumi-disco, entro in lei con la lingua rigida come un cazzetto. Marisa prima si irrigidisce poi si abbandona a un nuovo piacere. Lentamente le forzo lo sfintere con un dito e lei caccia un urletto, ma presto si rilassa ed il dito scorre senza fatica, poi ne metto un secondo e un terzo, cercando delicatamente di ruotarli. La mia dotazione è importante e non voglio procurare troppo dolore, sento che si rilassa, geme e viene incontro alle mie dita. È il momento, finalmente potrò entrare in lei, mi cospargo la verga di saliva e ne metto ancora nel suo ano, poi appoggio la cappella a quel fiore tanto desiderato.
Con un colpetto le forzo lo sfintere, si contorce dal dolore, mi fermo per lasciarla abituare all'intrusione e, quando si rilassa, riprendo la corsa centimetro per centimetro, vorrei affondare i colpi, ma desidero che goda questa prima nostra inculata. Quando sono a metà, è Marisa che con una spinta si impala, i miei testicoli appoggiano sulle sue chiappe, resto fermo dentro di lei, dopo poco è lei a attivare i muscoli dello sfintere come a mungermi ed inizio un lento su e giù, fino a quando è Marisa a dirmi di cavalcare forte. Ormai dalla sua bocca escono solo ansimi e parole sconnesse, è una corsa per raggiungere insieme l’apice del piacere. Ormai il mio bastone pulsa e si gonfia a dismisura, do con forza due ultimi colpi e poi esplodo grugnendo di goduria allagandole l'intestino. Nello stesso tempo anche Marisa viene urlando sul ri-piano della cucina. La mia verga è ancora profondamente nel suo culetto e, piano pia-no, si ammoscia ed esce, seguita da un rivolo di sborra.
La rigiro verso di me, mi abbasso sul suo viso mentre le gambe ancora tremano e la bacio sugli occhi. Mi rivesto in silenzio. Lei è ancora lì che mi guarda con quei suoi occhi scuri da lupa affamata... Mi assaporo il succo di frutta che ho lasciato nel bicchiere ed apro la porta.

È meglio muoversi perché è iniziato a piovere ed ho ancora alcuni chilometri da fare per tornare a casa...

Sono quasi le tre del pomeriggio e, disteso sul divano ripenso a questa mattina mentre il mio telefono vibra: ci sono tre messaggi con altrettante foto allegate. È Ma-risa che mi regala le sue immagini più belle: … «devo assolutamente rivederla».
Poi leggo il messaggio della vicina: «perché non ti sei fatto vedere oggi?... ho comprato un completino nuovo...». Le rispondo: «Non vedo l’ora di vedertelo indossa-to. Ci vediamo alla solita ora, quando tuo marito va al lavoro. Ho ancora voglia di te, di sbatterti per bene».

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